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Commento di "Rosa fresca aulentissima"

  • Immagine del redattore: Andrea La China
    Andrea La China
  • 26 ott 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

La poesia “Rosa fresca aulentissima” è una poesia di tipo giullaresco, sviluppatosi nel Medioevo e chiamato così perché trasmessa tramite i giullari, poeti vaganti di buon livello culturale. Si fa risalire, secondo lo storico a Cielo D'Alcamo, che tramite la lingua impiegata sappiamo essere siciliano. Il componimento si fa risalire al periodo compreso tra il 1231 (anno in cui fu sancita la legge di Federico II riguardante l'ammenda) ed il 1250 (anno di morte dell'autore). Il testo è caratterizzato da un dialogo tra una donna di campagna ed un cavaliere, il quale la corteggia. La donna cede difficilmente al corteggiamento e dopo una serie di “contrasti” che avvengono tra i due protagonisti. All'interno del testo sono presenti molte forme dialettali e proverbi popolari. La metafora della rosa, il motivo della ferita d'amore, il viso luminoso della donna sono motivi cortesi che vengono ridicolizzati tramite una concezione dell'amore materiale e fisico. L'autore costruisce un dialogo vivace e si dimostra capace e raffinato, colto: questo testimonia una buona conoscenza della letteratura. Il testo è incentrato su un dialogo polemico e talvolta comico. La “Rosa” con cui inizia il componimento è la metafora della femminilità e dell'amore. Inizialmente la donna appare sprezzante, quando invece va cedendo sempre di più al corteggiamento del cavaliere fin quando si dichiara disposta a sposare l'uomo, purchè lui la richieda in sposa ai genitori. Nonostante siano presenti termini prettamente di natura siciliana, sono ancora presenti termini latineggianti ma molto distanti alla lingua madre.


Figure retoriche


  1. Cablas capfinidas : ripresa, in apertura di strofa, di elementi che chiudono la strofa precedente (m’arritonno, v. 10 – aritonniti, v. 11; che s’aiunga il nostro amore, v. 15 – ke ‘l nostro amore aiungasi, v. 16; pur de repentere, v. 35 – pur repentesseme, v. 36; fosti destinata, v. 45; distinata fosseti, v. 46).

  2. Apostrofe “Rosa fresca aulentissima”, v. 1; “madonna mia” (v. 5); “rosa fresca de l’orto” (v. 13); “canzonieri” (v. 39), “”rosa invidiata” (v. 44); “donna col viso cleri” (v. 51).

  3. Iperbole “Se tanto aver donàssemi quanto ha lo Saladino, / e per ajunta quant’à lo Soldano, / toccareme non pòteri a la mano” (anche se tu mi donassi quante ricchezze possiede il Saladino e in aggiunta quante ne ha il Sultano d'Egitto, non potresti toccarmi neppure sulla mano) (vv. 28-30); “Cercat’aio Calabria, Toscana e Lombardia, / Puglia, Costantinopoli, / Genoa, Pisa e Soria, /Lamagna e Babilonia tutta Barberia” (Sono stato in Calabria, in toscana e in Lombardia, in Puglia, a Costantinopoli, a Genova, a Pisa e in Siria, in Germania e a Babilonia e in tutta l'Africa del Nord) (vv. 61-63).

  4. Perifrasi “li cavelli m’aritonno” (v. 10).

  5. Metafore “este focora” (toglimi da questi fuochi) (v. 3); “caderia de l’altezze” (scenderei troppo dalla mia condizione elevata) (v. 46).

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